Onorevoli Colleghi! - Con la legge 8 marzo 1994, n. 203, lo Stato italiano ha reso esecutiva, limitatamente ai capitoli A e B, la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, firmata a Strasburgo il 5 febbraio 1992, tra i Paesi membri del Consiglio d'Europa.
      In base alla citata Convenzione gli Stati firmatari si impegnavano a garantire le libertà «di espressione, riunione ed associazione» (capitolo A), l'istituzione di «organi consultivi volti a rappresentare i residenti stranieri a livello locale» (capitolo B) ed «il diritto di voto alle elezioni locali» (capitolo C), per i «residenti stranieri», ossia «persone che non sono cittadine dello Stato in questione e che risiedono legalmente nel suo territorio».
      Con la legge n. 203 del 1994, il Parlamento, come nelle sue facoltà in base all'articolo 1, paragrafo 2, della Convenzione, non ha dato applicazione alle disposizioni del capitolo C della medesima Convenzione, relative alla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale.
      Si era ritenuto infatti che l'applicazione di tali disposizioni, che avrebbe implicato la concessione del diritto di elettorato attivo e passivo agli stranieri residenti nelle elezioni locali, necessitasse di norme di rango costituzionale atte a consentire l'estensione agli stranieri di diritti propriamente politici.
      In realtà, la tesi contraria è avvalorata dal successivo riconoscimento a favore dei soli stranieri comunitari del diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni locali, effettuato in attuazione del Trattato di Maastricht, mediante legge ordinaria (legge 6 febbraio 1996, n. 52, e decreto

 

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legislativo 12 aprile 1996, n. 197, recante attuazione della direttiva 94/80/CE sull'esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini dell'Unione europea residenti in Stati membri di cui non hanno la cittadinanza).
      Il testo costituzionale, del resto, non è stato modificato nemmeno per introdurre le ulteriori innovazioni derivanti dal processo di integrazione europea, in virtù della giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto sufficiente il richiamo all'articolo 11 della Costituzione, in considerazione della natura dell'Unione europea quale organizzazione volta al perseguimento delle finalità di pace e giustizia.
      Tale interpretazione deve valere parimenti - se non a maggior ragione - per gli atti internazionali elaborati in seno al Consiglio d'Europa, in considerazione della particolare vocazione a favore dei diritti umani da parte delle istituzioni ricollegabili a tale organismo.
      Particolare rilevanza assume anche il fatto che numerosissimi statuti locali (Bologna, Firenze, Roma, Milano, eccetera), nell'attuare l'articolo 6 della legge n. 142 del 1990, poi confluito nell'articolo 8 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, oltre a recepire il capitolo B della Convenzione, hanno riconosciuto a favore degli stranieri presenti sui rispettivi territori da un certo periodo (normalmente cinque anni) la possibilità di utilizzare gli strumenti di partecipazione politica a livello locale (istanze, petizioni, proposte, referendum consultivi, eccetera).
      Ancora, l'articolo 7 della legge n. 40 del 1998, confluito poi nell'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, successivamente modificato dalla legge n. 189 del 2002, ha introdotto la possibilità di rilasciare a favore degli stranieri extracomunitari, presenti sul territorio da almeno sei anni, titolari di un permesso di soggiorno, che consenta un numero indeterminato di rinnovi, ed incensurati, una carta di soggiorno, ossia un'autorizzazione alla permanenza illimitata sul territorio. Detto documento consente agli stranieri extracomunitari di partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche il diritto di elettorato, quando previsto dall'ordinamento e in armonia con le previsioni del capitolo C della Convenzione di Strasburgo.
      La presente proposta di legge, dunque, è finalizzata a riconoscere il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni dei consigli comunali ai cittadini non appartenenti all'Unione europea, che risiedano regolarmente in Italia da almeno cinque anni, rendendo esecutivo il capitolo C della citata Convenzione.
 

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